
Diciamo subito le cose come stanno, la novità di Flow, biennale d’arte contemporanea Italiana e Cinese, rispetto alla tradizione delle mostre d’arte contemporanea e non solo, è proprio quella di non dare specifiche istruzioni per l’uso. Inaugurerà il 25 marzo 2017 la seconda edizione di questo progetto espositivo, ospitata nel salone d’onore della Basilica Palladiana di Vicenza, in occasione della sua riapertura al pubblico dopo la pausa invernale e ospiterà 25 artisti contemporanei di provenienza italiana e cinese.
Non si danno istruzioni per l’uso, ovvero non si vuole indirizzare l’esperienza dell’opera d’arte da parte del pubblico verso una lettura univoca, propria tipicamente del curatore ma si vuole lasciare spazio al libero rapporto dello spettatore con l’opera. L’intento è quello di recuperare una fruizione più autentica, meno mediata da contenuti culturali, spesso auto- referenti del mondo dell’arte. L’invito è quello a recuperare la centralità del lavoro e della ricerca dell’artista, di godere dell’arte per il senso sempre nuovo che crea nell’ incontro con ognuno di noi.
Questo vale a maggior ragione nella dimensione di un dialogo tra due culture, quella italiana e cinese, che mai come in questi anni sono venute in contatto così profondo, le cui conseguenze a livello di influenze culturali sono evidenti nella vita di tutti i giorni. In questo incontro tra Oriente e Occidente, ricominciamo a dialogare a partire dall’oggetto d’arte perché, come nota Marcello Ghilardi, Docente di Estetica all’Università di Padova e membro del comitato scientifico della mostra ‘non sono mai davvero le “culture”, in blocco, ad entrare in contatto. Sono sempre esseri umani, singoli o in gruppo, ciascuno a partire dalla propria prospettiva singolare…’
Il comune denominatore tra tutti gli elementi che danno vita a Flow, che non si caratterizza solo come mostra ma anche come occasione di eventi, tavole rotonde e performaces, viene dunque a identificarsi nel dialogo. Le scelte curatoriali, che pure non chiudendo l’orizzonte di senso dell’opera ne danno comunque delle modalità di fruizione, sono orientate a stimolare e agevolare questa pratica di confronto. Non è dato ad esempio un percorso prestabilito, le opere sono esposte secondo un criterio di equilibrio tra poetiche e forme e il visitatore godrà di una vista d’insieme nell’ampia prospettiva del salone della Basilica Palladiana, senza condizionamenti concettuali né spaziali. Il dialogo tra l’artista e lo spettatore è avviato grazie ai contributi degli artisti stessi che saranno simbolicamente sempre ‘presenti’ in mostra tramite i video in cui spiegano il processo di creazione dell’opera, la loro ricerca, la loro poetica. In questo senso Flow è un work in progress, perché non è mai concluso ma è uno stimolo a dialogare costantemente su tutti questi livelli. Ad inaugurare la mostra, come era avvenuto per la prima edizione del 2015, non poteva a questo punto che essere una tavola rotonda, un momento di confronto tra curatori e artisti di entrambe le nazionalità e aperto al pubblico, il Flow Talk , che quest’anno avrà come centro della discussione proprio l’argomento del dialogo.
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